Il business digitale richiede flessibilità infrastrutturale e rapidità di delivery applicativa.
Il modello as-a-service e in particolare le architetture multi-cloud rispondono con efficacia alle nuove esigenze aziendali. Tuttavia, diventano necessari un ripensamento organizzativo dell’IT e una chiara strategia di governance per massimizzare i vantaggi della migrazione sul cloud.
Multicloud come soluzione preferita dalle aziende
Secondo gli analisti, la maggioranza delle imprese che hanno optato per un’evoluzione dei sistemi informativi in chiave cloud sta percorrendo la strada multivendor, combinando soluzioni di diversi fornitori in base ai casi d’uso specifici. Si potrebbe parlare di una strategia “best-of-breed”, per cui viene scelto il servizio cloud ottimale per ogni workload.
Il Politecnico di Milano (Osservatorio Cloud Transformation) ha rilevato che in Italia il 68% delle imprese si appoggia a più fornitori di soluzioni cloud, mediamente tre. A livello internazionale, Forrester ha osservato un campione di 1.146 decisori aziendali di infrastrutture globali, concludendo che, per i servizi di cloud pubblico, soltanto l’8% delle imprese si rivolge a un unico provider. Il modello multi-cloud è la scelta predominante: infatti il 10% delle aziende utilizza tre fornitori, il 18% cinque, il 19% da sei a nove, il 17% adotta addirittura dieci o più differenti implementazioni del cloud.
Il cloud ibrido (che combina cloud pubblico e privato per la gestione di workload critici, soluzioni proprietarie/customizzate e sistemi legacy difficilmente migrabili) si è già ampiamente confermato come assetto ottimale, in grado di restituire elasticità alle infrastrutture IT, preservando robustezza e investimenti pregressi. Il disegno di ambienti multi-cloud rappresenta l’ovvia evoluzione architetturale per beneficiare appieno della flessibilità offerta dall’as-a-service.
I vantaggi di cloud multivendor
La scelta di coniugare Cloud di fornitori concorrenti offre, infatti, una serie di vantaggi, a partire dall’eliminazione del rischio di lock-in (la dipendenza dal provider). Attualmente, i principali fornitori di cloud pubblico (utilizzato principalmente per l’utilizzo di servizi standard, erogati attraverso Internet da ambienti multi-tenant) sono Amazon AWS, Microsoft Azure, Google Cloud Platform e IBM Cloud. Miscelare i servizi offerti dai “big” del panorama cloud è un buon punto di partenza per costruire ambienti IT elastici e affidabili, beneficiando di: sicurezza infrastrutturale, erogazione efficiente delle risorse, prezzi competitivi in virtù delle economie di scala.
Il multi-cloud offre, quindi, vantaggi in termini di business continuity (oggi i provider offrono garanzie di uptime elevatissime), libertà di scelta (optando di volta in volta per la soluzione più conveniente), distribuzione geografica (i datacenter dislocati nel mondo permettono di soddisfare le esigenze di performance e compliance in specifiche regioni).
Integrazione negli ambienti multi-cloud
Il cloud risulta, oggi, una via obbligata per la competitività aziendale. Secondo il Politecnico di Milano, il 31% delle grandi aziende italiane identifica nel cloud la strada preferibile a supporto dei nuovi progetti digitali. Nell’11% dei casi, il cloud diventa addirittura l’unica alternativa percorribile.
Ma come costruire con efficacia un ambiente multi-cloud? I punti di attenzione (ovvero le criticità) sono principalmente due: l’integrazione di diversi cloud e l’orchestrazione complessiva degli ambienti.
Le statistiche dell’ateneo meneghino offrono nuovamente uno spunto di riflessione interessante: soltanto il 24% delle aziende intervistate gestisce Cloud pubblici in modo sinergico, utilizzando appositi strumenti per la governance delle risorse e l’automazione dei processi.
Sviluppo di applicazioni cloud native
La prima regola per garantire l’interoperabilità degli ambienti cloud parte dallo sviluppo software: sposando il modello costitutivo del cloud, basato sul ricorso a “mattoncini elementari”, le applicazioni andrebbero costruite con un’architettura a microservizi (unità funzionali) e sfruttando i container (istanze virtuali degli ambienti di runtime). Le cosiddette applicazioni “cloud native” così realizzate sono in grado di sfruttare al meglio tutte le potenzialità del cloud, girando indipendentemente dall’hardware sottostante all’interno di ambienti eterogenei. Tali applicazioni garantiscono, infatti, portabilità da un cloud all’altro, pari performance e stesse logiche di sviluppo.
Relativamente alle attività di development, una caratteristica fondamentale delle app a microservizi è la possibilità di intervenire su una funzione specifica, senza interferire con il resto del sistema, grazie alla struttura modulare e al loose coupling (basso accoppiamento).
L’adozione dei microservizi impone, tuttavia, un cambio di passo a livello organizzativo e culturale. Per raggiungere la flessibilità e la velocità di rilascio promesse dalle cloud native application, diventa necessario concretizzare il modello DevOps, che presuppone la stretta collaborazione tra Developers e Operations per accelerare il ciclo di sviluppo.
Automatizzare la gestione del multi-cloud
Avendo come chiaro presupposto i concetti di microservizi e DevOps, la costruzione di un ambiente multi-cloud deve contemplare l’adozione di strumenti di orchestrazione, che permettono di amministrare centralmente le risorse e i processi tra i diversi tipi di cloud, quindi tenere sotto controllo performance e sicurezza, automatizzando molti processi di gestione.
Definite le stelle polari degli ecosistemi multi-cloud (interoperabilità, app cloud-native, sviluppo collaborativo, orchestrazione), sarà quindi possibile procedere alla definizione di una strategia di approvvigionamento a più vendor, che permette di scegliere sempre il servizio più conveniente sotto il profilo economico e di prestazione.
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